La Lega ha grandi e storici meriti rintracciabili soprattutto nel suo essere riuscita a scardinare l'incartapecorito vecchio sistema della partitocrazia, nell'aver imposto nell'agenda politica del Paese il tema del federalismo, nell'aver tutto sommato esercitato il suo ruolo di partito regionale con dosi alterne di responsabilità, ma comunque mediamente utili ad una composizione pacifica di tensioni realmente esistenti dentro il Paese.
Ma Oggi?
Bè c'è da chiedersi quale ruolo ambisca a ricoprire: maturare in un partito regionale alla CSU bavarese, portare la spinta autonomista alle estreme conseguenze, semplicemente campare della rendita politica forte di essere diventata lei il famigerato "ago della bilancia".
Visto l'approccio demagogico e irrazionale in materia di immigrazione e soprattutto il tipo di papocchio di federalismo che si è riusciti a votare, anche e soprattutto grazie all'accordo della Lega con il PD, pare di capire che sia la terza opzione, quella più prosaica, che la Lega voglia esercitare.
Insomma dimentichiamoci il liberismo (a dire il vero di liberismo Bossi non parla da almeno 5 anni) e il federalismo della prima ora, adesso va bene una riforma che entri in vigore tra dieci anni e che semplicemente preveda un grado di perequazione tra le regioni uguale a quello di oggi: il grande successo leghista sarebbe quindi di aver portato il budget dello Stato nel capitolo dei trasferimenti locali dal costo storico al costo previsionale, un tecnicismo di cui ci si può entusiasmare con difficoltà e che però diventa utile a reintrodurre dalla finestra un'altra tassa, la nuovissima Imposta sulla Casa che manda in brodo di giuggiole Calderoli perché significa soldi nelle casse della amministrazioni provinciale leghiste. Ancora una nuova imposta contro il diritto alla proprietà del cittadino che proprio questo Governo ha mostrato di voler tutelare con l'abolizione dell'ICI sulla prima casa: schizofrenia.
Roark era per il modello lombardo, quello di Formigoni, secondo cui andavano lasciate alle Regioni percentuali importanti di IVA, IRES e IRPEF, di pari passo con la devoluzione delle competenze già costituzionalmente avviata.
Ma tant'è appare chiaro che alla Lega, fondamentalemente, di tutto ciò non freghi nulla, l'importante è poterlo dire: ecco il federalismo ovvero a noi la borsa.
La domanda è: di questa Lega da domani, il PDL ha bisogno?
Fino a prima del disastro del terremoto a tratti sembrava di essere tornati agli Odg di bandiera, quando il Parlamento era costretto a votare e riunirsi per decidere sull'ultimo capriccio del Segretario di partito del momento. Dove il partito del momento è la Lega.E allora perché no l'accorpamento con le europee?
Votare l'accorpamento con le europee anche in barba ai niet leghisti potrebbe al più portare alla caduta del Governo e quindi a nuove immediate elezioni anticipate da tenersi con una nuova legge ottenuta dal referendum e con il risultato del probabile ridimensionamento sostanziale del peso leghista.
Se il Governo invece, come probabile, reggesse anche all'indomani di un eventuale passaggio del quesito referendario la Lega sarebbe sempre sotto lo schiaffo di un possibile mancato apparentamento alle future politiche e sarebbe probabilmente costretta a rivedere la sua strategia magari tornando ad occuparsi di riforme vere piuttosto che della deriva doroteista cui la sua evoluzione odierna sembra riportare: perdere tempo in Parlamento per dover sottostare ai diktat sull'introduzione delle ronde (?) o discutere del fatto che l'immigrato in ospedale debba essere denunciato dal medico, non interessa in primis agli stessi abitanti del Nord Italia, con tutto il rispetto ci sono questioni economico-sociali ben più importanti.
NO. Il PDL ha un mandato chiaro dal suo elettorato, riformare in senso liberale e conservatore lo Stato italiano, nei contenuti e nelle istituzioni, per questo disegno è strutturale il bipartitismo.
Non c'è Lega che tenga, quel che di essa rimarrà potrà sempre allearsi con il PDL ma senza ricatti.
VIVA IL REFERENDUM, VIVA IL SI'.
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