martedì 19 maggio 2009

Ok tutto bello ma il debito chi lo paga?


Con il debito pubblico che viaggia alla grande e promette di andare alle stelle per il minor gettito fiscale che necessariamente si otterrà vista l'ennesima splendida performance di crescita del sistema Italia (-5%) resta da capire se sia arrivato finalmente il momento di ripensare le certezze "etiche" del nostro Tremonti.

E si perché parlare di "etica" come ha fatto Tremonti nel suo libro manifesto "La Paura e la speranza" può aiutare a diventare digeribili dalle nomenklature dei grandi quotidiani nazionali, può portare i voti dei ben pensanti che affollano il nostro paese, ma non aiuta certo ad alleggerire dalle giovani generazioni e dal nostro futuro la tara del Debito Pubblico.

Questa mattina un altro ben pensante, il liberal Giavazzi, invoca riforme. Roark è d'accordo, ma quali riforme: l'aumento dell'età pensionabile, la riforma degli ammortizzatori sociali, rifare lo Statuto dei lavoratori, non sono riforme, sono provvedimenti di buon senso.

Le riforme economiche che il paese deve affrontare sono ben più strutturali, c'è finalmente da chiedersi perché in Italia da quando è diventato acclarato che il debito accumulato sia divenuto irredimibile, non si sia anche pensato a soluzioni tipiche per chiunque abbia un grosso debito: attingere al patrimonio, ridurre i costi per massimizzare gli avanzi di cassa.

Noi no. Noi continuiamo a spendere e ci beiamo del fatto che la crisi per noi sia più leggera che per gli altri. Ok tutto bello ma il debito chi lo paga?

E' arrivato il momento di capire e raccontare come per le nostre entrate le spese e le aree di intervento che lo Stato si è ritagliato non siano più finanziabili, sceglierne alcune e tagliare le altre non per abbandonarle, ma magari per cederle in concessione ai privati (e questo a partire dal sistema previdenziale ed a seguire con il sistema sanitario) è l'unica soluzione l'alternativa è il delirio dello Stato di Polizia Tributaria che sogna Vincenzo Visco, non c'è una terza strada.

Si parlava nel programma del PDL di abolizione delle provincie (ma la Lega non vuole), di privattizzazione delle municipalizzate (ma la Lega non vuole), di tutto e di più (ma la Lega non vuole) e delle riforme vere del bilancio dello Stato: in questo primo anno del secondo Governo Berlusconi di esse non vi è traccia.

Resta il consenso a Berlusconi - destinato rapidamente a calare - e la eco degli applausi a Tremonti - destinati a perdersi nell'impietosa contabilità di un altro fallimento - e poco più.

Cosa stiamo aspettando? Se la coalizione (leggi la Lega) impedisce le riforme, che lo si dica forte e che si abbracci il referendum del 21 giugno e poi basta una volta per tutte.