lunedì 28 gennaio 2008

Marx è morto, i marxisti no



Quando il ciclo economico è in assestamento e si affacciano paure di recessione fioccano in libreria lavori come “Capitalismo. Istruzioni per l’uso”, Karl Marx. Il testo a cura di Enirco Dosaggio e Peter Kammerer, edito da Feltrinelli (Milano, pagg. 208) è un antologia del pensiero del filosofo di Treviri che rappresenta l’ennesimo tentativo di separare il Marx utopista da quello critico del Capitalismo.

Siamo sicuri sia possibile praticare una simile separazione? Dacché è caduto il muro di Berlino e i disastri dell’economia socialista sono venuti a galla, i sostenitori del sol dell’avvenire hanno preso ad ammantare di un alone di velleitarismo nostalgico volontariamente elitario un programma politico economico e una interpretazione dei rapporti umani che era dichiaratamente rivoluzionaria e propugnatrice di un sovvertimento violento ove necessario.

Ai giorni nostri e specialmente in Italia, paese che osserva un vuoto pauroso di puntelli filosofici e culturali di natura laica di un qualche valore, il mondo dei sostenitori a diverso titolo del collettivismo appare perdersi nel nichilismo e consolarsi con il recupero in chiave pop di paradigmi bicentenari. L’antologia postmoderna del pensiero marxista, dopo l’introduzione di Dosaggio e Kammerer che si affaticano per trovare un posto a Marx nella società contemporanea, dipana la sua trama come un romanzo. Ai capitoli vengono dati titoli come ‘My name is Marx’ e ‘Il lavoro. Vendersi la vita’ e il racconto si apre con il rapporto di un agente segreto prussiano, poi documenti, testimonianze, paradossi, passaggi celebri, analisi.
La bibliografia vuole apparire come imparziale, suggerendoci ad esempio quella di Leszek Kolakowski, “Nascita, sviluppo e dissoluzione del marxismo”, 1976-1978, Sugarco, ma resta un po’ datata visto che trattasi di testo antecedente alla osservazione empirica del risultato ultimo negli sviluppi del pensiero marxista. Frasi che mandano in brodo di giuggiole vetero e neo marxisti: “un possessore di denaro” è “come bruco del capitalista”, “feticismo delle merci”, “tutto quel che è solido svanisce nell’aria”, “la critica non è una passione del cervello, è il cervello della passione”; “noi non trasformiamo le questioni terrene in questioni teologiche. Noi trasformiamo le questioni teologiche in questioni terrene. Dopo che per lungo tempo la storia si è risolta in superstizione, noi risolviamo la superstizione in storia”; “una sedia a quattro zampe ricoperta di velluto rappresenta, in date circostanze, un trono; ma non per questo una sedia, cioè un oggetto che serve per sedersi, diviene un trono per la natura del suo valore d’uso”; “Io sono brutto, ma posso comprarmi la più bella tra le donne. Dunque non sono brutto, in quanto l’effetto della bruttezza, la sua forza repulsiva, è annullata dal denaro. Come individuo io sono storpio, ma il denaro mi dà 24 gambe”, per un pensiero da capire appunto.

A chi come noi non resta illuminato, viene consigliato di intendere questa nuova proposizione e interpretazione di Marx come stimolo critico nei confronti di un sistema capitalistico irrimediabilmente compromesso e corrotto. Permane nella lettura che si ricava dall’antologia, l’idea che la lezione circa l’errore tecnico alla base della teoria del plusvalore (in dottrina fatto pacifico da più di qualche decennio) che dimenticò di considerare la variabile innovazione, non sia stata ancora digerita da tutti visto e considerato che il Capitalismo viene rappresentato come il trionfo dell’impotenza delle idee e del potere delle cose.

Quanto paradossale sia una lettura similare ai giorni nostri è del tutto intuitivo, se si considera come senza il continuo feed-back che il Capitalismo assicura alla spinta innovativa, alla ricerca, gli ‘odiati’ mercati non potrebbero essere soggetti a meri aggiustamenti, a fasi ciciliche (come quella che stiamo vivendo), bensì dovrebbero implodere irrimediabilmente (come è invece accaduto al sistema socialista). E poi ancora i passi sulla religione, il no a tutti i riformismi, perché cavalli di Troia capitalisti piegati al volere del denaro, ecc. ecc. Tornano insomma d’attualità ancora una vota frasi celebri come “l’esigenza di abbandonare le illusioni sulla sua (del popolo) condizione, è l’esigenza di abbandonare una condizione che ha bisogno di illusioni”, quell’ermetismo poetico messo al servizio di una filosofia pronta a consegnare all’uomo lo splendore dell’assenza di responsabilità. Un mondo facile e alla portata di tutti senza tante fatiche come dovrebbe essere secondo giustizia. E soprattutto l’assenza di responsabilità, una delle poche definizioni certe, va ricordato, del “male”. Ma inversione per inversione se è vero, come insegna Popper, che la migliore pratica è una buona teoria, una pratica pessima non può che nascere da una pessima teoria. Ergo i drammatici corollari del marxismo.

Ma ci sono solo ragioni ‘liriche’ dietro la fortuna di Marx in Italia? Per occhi un po’ più smaliziati, le ragioni del successo italiano del pensiero marxista possono ben essere comprese semplicemente considerandole come giustificazione teorica, quella che esse hanno rappresentato, in supporto all’espropriazione statale e parastatale della ricchezza faticosamente raggiunta nel secondo dopoguerra. Sotto la spinta culturale e popolare di matrice marxista, per assecondarla e incanalarla, è finito infatti per passare quel gigantismo welfaristico e affaristico da cui l’Italia da treant’anni a questa parte mai si è ripresa. Questo libro ci riporta lì, direttamente alle radici culturali del male italiano.

Capitalismo. Istruzioni per l’uso, Karl Marx, a cura di Enirco Dosaggio e Peter Kammerer, Feltrinelli, pp. 266, euro 10

giovedì 24 gennaio 2008

L'ultima notte dei morti viventi



E' finita nell'orrore.
Tra spinte, sputi, insulti, urla, risa e pianti, disperazioni, iperboli emotive di ogni genere e grado.
La nazione piegata, la nazione esaltata.
Pecoraro Scanio che di questo passo forse prima o poi sarà costretto a cercarsi un lavoro.
La speranza che una goccia di liberismo possa bagnare il suolo patrio prima o poi.
Nella giornata c'era chi credeva il voto al Senato preludesse all'ennesimo 'ritorno dei morti viventi': compra quì, compra là, quello se ne va, quello non viene, i Senatori a vita si incateneranno al Quirinale, quelli ai 3.000,00 neuri di vitalizio che maturano tra qualche mese no, non ci rinunciano, pur di non far sciogliere le Camere voterebbero anche Mefistofele ecc. ecc. ...
...e...invece...

NO

E' finita

CHE BELLO!

martedì 22 gennaio 2008

Mastella è Rock!


Il Paese accoglie con dolore la notizia del termine di una esperienza di Governo che aveva unito la nazione, convincendo un po' tutti.
Scene di giubilo per le strade. Suonate di clacson!
Un'esperienza che fosse andata avanti altri sei mesi Roark proprio non lo sa cosa sarebbe riuscita a produrre.
Dacché questa sinistra al Governo è riuscita nello straordinario risultato, in due anni, di far circolare per il Paese più munnezza che denaro, nessuno di noi poteva sapere con certezza cosa aspettarsi del domani.
Nomadi che uccidono innocenti in mezzo alla strada agli arresti domiciliari.
Generali della GdF trattati come commessi.
Un Ministro degli Esteri a spasso per le strade a braccetto con chi orgoglioso dichiara di detenere teste, membra, dita, gambe di esseri umani.
Tasse, tasse bellissime, gabelline da sballo, impostucce accattivanti, IMPOSTONE per BAMBOCCIONI che osano entrare nel mondo del lavoro.
Why Not no. Le donne del Cavaliere sì.
Bruti Liberati dall'ANM alla Procura di Milano per insabbiare Unipol.
Di tutto di più.

Ma no, no, tra qualche mese scopriremo di aver sognato: no, non erano tasse, non erano loro che dicevano non le avrebbero aumentate era qualcun altro con Hezbollah, era nessuno, erano tutti ed era già colpa di Mastella, tutto quanto.
Anch'esso (incredibilmente) a questo punto passibile di essere etichettato come 'vittima'.
Altro che Prodi! Mastella era Rock e Celentano non se ne era neanche accorto!
Mastella è Rock!

Un altro punto verso l'eccellenza dell'indecenza.
Chiamate gli americani. Che ci vengano a liberare di nuovo. Subito.

Genuflettiamoci

lunedì 21 gennaio 2008

David Cronenberg riscopre il noir. Ed è un successo


Dopo “A History of violence” (2005) David Cronenberg torna nelle sale cinematografiche con “La promessa dell’assassino”, film che segna una svolta oltranzista nel gusto per la crudezza che contraddistingue agli occhi del pubblico il celebre regista.

Una giovanissima immigrata russa costretta a prostituirsi muore dopo aver dato alla luce il figlio.

Nelle mani della dottoressa Anna (Naomi Watts), donna rimasta sola dopo il naufragio della sua relazione sentimentale, finisce il diario della ragazza dove si ripercorre l’arrivo a Londra e il passaggio dal paradiso all’inferno che esso finisce per rappresentare.

Anna metterà a repentaglio la sicurezza della sua famiglia giacché la scoperta si manifesta per essere una minaccia diretta proprio nei confronti del pericoloso boss mafioso Semyon Vory V Zakone, che dirige i suoi traffici sotto la copertura di un ristorante.

Semyon infatti, si scopre dal diario essere il padre del neonato e venuto in possesso del diario dopo averlo bruciato cerca di sbarazzarsi anche del piccolo, ordinando al figlio di rapirlo dall’ospedale e gettarlo nelle acque gelide del Tamigi.

Un poliziotto, infiltratosi come autista, riuscirà però a entrare talmente nelle grazie di Seymon da entrare nella famiglia e dal di dentro incastrerà il pericoloso criminale.

Il cast di livello vede accanto a Naomi Watts, un Viggo Mortensen che continua, dopo “A History of violence”, il sodalizio con Cronenberg che lo ha visto maturare e crescere, qui è l’attore d’origine danese, a vestire i panni del poliziotto di Scotland Yard infiltrato nella banda russa.

Si segnalano poi un Vincent Cassel a suo agio nei panni del figlio degenerato del boss e soprattutto Armin Mueller-Sthal nella parte del capomafia russo: una recitazione eccellente, come è capitato spesso nella sua lunga carriera che lo ha visto al fianco del grande regista tedesco Rainer Werner Fassbinder (“Lola - 1981 e “Veronika Voss – 1982) ma anche nel serial poliziesco “L'ispettore Derrick (1984), in “Music Box – Prova d'accusa (1989), “La forza del singolo (1992) sino a frequentare incompreso Hollywood che lo ha utilizzato come caratterista fino al 1996, anno in cui uscì il suo primo lavoro anche come regista: “Conversation with the Beast” dove Armin Mueler-Sthal recita la parte di Adolf Hitler.

“La promessa dell’assassino” è ambientato nella Londra “russa”, in una città al cui interno a poco a poco è stato costruito uno Stato nello Stato, dove sono state trasferite le infrastrutture logiche della malavita russa, usi esoterici ed estetici (i tatuaggi) lontanissimi dalla tradizione civile inglese, oggi minacciata perché colpevole negli anni della sua ripresa economica e della sua globalizzazione di non avervi saputo leggere con attenzione il carattere che almeno parte di essa nascondeva.

La Londra che esce dal film di Cronenberg è una città che vive un innaturale contrasto, una intima e sfuggente spaccatura non solo tra la gente che sta dentro i negozi, dentro i pub e quella che sta per strada (come recita in un dialogo Mortensen), tra il mondo rassicurante del progresso o quello inquietante del suo rifiuto, bensì una più profonda distanza quasi antropologica tra un individualismo consapevole minacciato da una degenerazione violenta di un senso malato della comunità.

Come vuole la sua cifra registica, il film quasi si fa leggere più che guardare.

Le inquadrature teatrali, i dialoghi secchi, asciutti, le immagini che indulgono su scene di violenza e di impatto, immagini che riescono a non risultare eccessive e di cattivo gusto per la capacità della sceneggiatura di danzare sul filo di lana dei fatti che racconta, in un realismo che non ha nulla della denuncia sociale ma che raggiunge l’obiettivo di essere capace di proiettare lo spettatore fin dentro il personaggio.

Magistrale la scena dello scontro tra un Viggo Mortensen nella sauna e i ceceni giunti per vendicare l’assassinio del fratello. Siamo lontanissimi dai pirotecnicismi alla Mission Impossibile, ma se tre uomini devono proprio sfidarsi all’ultimo sangue a lama di coltello dentro una sauna, da domani sarà difficile immaginarsi possa accadere diversamente da come Cronenberg lo ha raccontato.

Se il cinema ha la missione di inventare una realtà con “La promessa dell’assassino” Cronenberg ci spiega come superare un realismo stanco e reinventare il noir senza accanirsi su cliché vecchissimi modello anni ’50 o nuovissimi come i ‘tarantinismi’.

Un film di una bellezza spietata.

venerdì 11 gennaio 2008

Informazione da discarica


Nella mattinata l'adnkronos dirama due agenzie su quanto accaduto nella notte a Cagliari:

http://www.adnkronos.com/IGN/Cronaca/?id=1.0.1757388832
Cagliari, 10 gen. - (Adnkronos) - Alcuni militanti indipendentisti dell'Irs e di Sardigna Nazione, che da questo pomeriggio presidiano il porto Canale di Cagliari in attesa dello sbarco di 500 tonnellate di rifiuti provenienti dalla Campania, sono stati bloccati da carabinieri e polizia mentre cercavano di avvicinarsi alla nave carica di immondizie con l'intento di impedire le ultime operazioni di ormeggio.

In realtà a protestare ci sono anche il Sindaco di Cagliari e consiglieri di AN e della ex CDL.

http://www.adnkronos.com/IGN/Cronaca/?id=1.0.1759030320
Cagliari, 11 gen. - (Adnkronos) - Cinquanta cassonetti e tre auto sono stati bruciati nella notte a Cagliari, con ogni probabilita', a seguito dello sbarco nel porto Canale di una nave carica di 500 tonnellate di rifiuti proveniente da Napoli. I vigili del fuoco sono stati impegnati in tutti i quartieri della citta'. L'ultimo intervento e' stato eseguito alle 6.30 di questa mattina.

Interessante il "con ogni probabilità".
Ancora più interessante il controllo bulgaro dell'informazione da parte del "buon governo" di sinistra, un po' come la soluzione stessa all'emergenza rifiuti: spostare il problema.

Poiché tutto accade nella condiscendenza del mondo intellettuale e politico-culturale della sinistra, Roark si interroga ingenuamente come sia possibile ascoltare questo assordante silenzio: ma per davvero non esiste indipendenza intellettuale in quel mondo?