giovedì 24 settembre 2009

Non date spazi al Circo barnum


No ragazzi Roark non vuole parlare degli animalisti sul piede di guerra, non si vuole spendere contro il Circo o contro i maltrattamenti agli animali, il Barnum che lo intriga di più è quell'orrenda sceneggiata che si dimostra ancora una volta essere l'assemblea delle nazioni unite, qualcosa a metà tra una notte degli Oscar, un pletorico soviet, una incredibile vetrina per gli sproloqui dei dittatori di tutto il mondo e naturalmente le belle parole dei capi di Stato e di Governo occidentali che non possono permettersi di perdere occasione per scagliarsi contro nemici invisibili (il Global Warming) ovvero duellare contro la povertà nel mondo.
I gomiti piegati e palmi dele mani in su in atteggiamento di preghiera di Ban Ki Moon, lo sguardo incazzato di Hatoyama che sembra qualcuno gli abbia appena rubato il portafoglio, il pupazzo di Hu Jintao che profonde parole rassicuranti, l'entrata di "The Man" stile campione dell'NBA e poi loro Morales, Chavez, Ahmadinejad, Gheddafi e vai col tango.
Posto che come al solito la sifda fotografica la vince Barack, maestro nel saper sfoggiare la mascella quadrata in queste circostanze e le spallucce quando l'esercito magari gli chiede più uomini e posto ancora che non è certo la prima volta che assistiamo a questi spettacoli la recente assemblea ha però il merito di essere riuscita a sconfinare nel grottesco.
Le vaccate di Ahmadinejad hanno prodotto il solito abbandono della sala (meno male) delle delegazioni occidentali (non tutte però gli svedesi no), Zapatero ha scelto uno stile hip hop minimal e alla fine ha fatto tenerezza, interessante invece il sovrappeso che ha palesato Hillary Clinton, ma il teatrino di un Gheddafi in formato Michael Jackson ultimo stadio è stato qualcosa da ricordare: bigliettini, libretti, parole incomprensibili. Eccezionale.
Poi attori, ex non-Presidenti alla Al Gore, il Barnum insomma.
La decisione che verrà adottata in materia di inquinamento sarà quella di doversi rincontrare per adottare altre decisioni.
Dato per scontato come non è che ci sia davvero il Global Warming, siamo sicuri di avere bisogno di tutto questo?

L'imprenditore di Pordenone - Corriere della Sera

L'imprenditore di Pordenone - Corriere della Sera

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lunedì 21 settembre 2009

venerdì 11 settembre 2009

Non facciamo gli struzzi


Diciamocela una cosa.
La partita che sta giocando Fini ha poco a che vedere con la leadership berlusconiana o con l'azione di questo Governo. Ha molto a che vedere con il futuro del PDL. Certo ha a che vedere con il futuro politico di Fini ma ha molto più a che vedere con il futuro del PDL.
C'è un determinismo anagrafico ineluttabile cui rifiutarsi di prendere atto significherebbe mettere la testa sottoterra come gli struzzi.
Quando Silvio non sarà più Presidente del Consiglio - visto che per sua stessa ammissione non si ricandiderà e questo giorno sarà tra quattro anni quando avrà raggiunto la veneranda età di 76 anni - non si tratterà solamente di trovare il modo giusto per selezionare un leader che vada bene alle oligarchie interne e che possa intendersela con la Lega, si tratterà di strutturare un dialogo tra i vari pensieri politici che animano la base del partito, pena la fine di tutto e il trionfo del Grande Zentro!
Oggi tutto questo pare non serva perché Berlusconi riassume o per lo meno prova a riassumere culturalmente tutti o quasi, ma domani le cose saranno diverse.
Non potrà esistere una personalità dotata dell'eccezionalismo del Presidente del Consiglio a meno che non si preveda di affidare le scelte politiche del partito per i prossimi dieci anni ad un ologramma preregistrato che funga da oracolo!
Cominciare un dibattito politico anche aspro e non nascondersi dietro un dito è un buon inizio. Darsi regole democratiche nel partito è l'unica speranza che questo ha di sopravvivere all'uscita dalla scena politica del suo fondatore e ispiratore.

venerdì 4 settembre 2009

Oltre il linguaggio da Caserma


Come un lampo nel deserto, l'intervista ieri rilasciata dal Ministro degli Esteri Frattini prova a spaccare la coltre plumbea, l'afa soffocante che attanaglia molto di più che semplicemente questo finire dell'estate.

Parliamo di PDL per una volta. Parliamo del nostro futuro.

Il PDL deve rimanere un partito pluralista, dalle molte voci, senza che chi sia evidentemente in minoranza debba essere trattato da matto, da svagato o sedizioso perché "fuori linea".

Per una vita da questa parte ci si è battuti contro il pensiero unico comunista, sarebbe paradossale oggi cercarne di editarne una riproposizione paradossale.

Frattini parla giustamente di modificare la direzione del partito da triumvirato a leader unico, parla di immigrazione appoggiando le posizione del Presidente della Camera Gianfranco Fini e da ultimo nelle sue parole si respira un liberalismo di fondo troppo sacrificato in questo inizio di PDL e di azione dell'esecutivo all'asse Tremonti-Lega che se assicura la governabilità ne limita senz'altro gli obiettivi di riforma.

La Lega di oggi non è più un partito riformista infatti ma il tentativo di costruire un nuovo centralismo nord-centrico su base socialista: gabbie salariali voglino dire salari minimi, altro che federalismo liberale! Semplicemente un sistema per avere il permesso di creare nuove tasse, vedi il progetto calderoliano di nuova tassa unica sulla casa.
Nel medio termine dovranno pur certo spiegarlo all'elettorato costituito dalla piccola imprenditoria delle provincie settentrionali ma se per Tremonti tutto ciò è funzionale al suo conservatorismo compassionevol e va detto un conservatorismo funzionale a tutti tranne che ai conti dello Stato, per il PDL questa è la tomba della sua ispirazione liberale.

Riprendere il timone in mano, rispolverare le battaglie liberali e liberiste che ispirarono l'entrata in politica di Berlusconi nel '94 è un tentativo che all'interno del partito va tenuto vivo, che sia Frattini a tenere alta la bandiera sarebbe davvero una buona notizia.

Servirebbe al partito a tenere al suo interno e nel Paese un dibattito vivo e salutare e aiuterebbe a tenere alta la guardia contro la trasformazione del PDL in una nuova Balena Bianca para-liberale che governi per governare, qualcosa di cui non sembriamo proprio aver bisogno.