venerdì 31 ottobre 2008

Horror pensiero



A proposito dei film già visti di questi giorni...

mercoledì 22 ottobre 2008

Ogni Voce che resiste di Roberto Saviano


La lettera di Saviano apparsa su la Repubblica del 22/10/2008 da quasi l'idea di un progresso civile nel nostro Paese, Roark ne prende atto.

"GRAZIE per tutto quanto state facendo. È difficile dimostrare quanto sia importante per me quello che è successo in questi giorni. Quanto mi abbia colpito e rincuorato, commosso e sbalordito sino a lasciarmi quasi senza parole. Non avrei mai immaginato che potesse accadere niente di simile, mai mi sarei sognato una tale reazione a catena di affetto e solidarietà.
Grazie al Presidente della Repubblica, che, come già in passato, mi ha espresso una vicinanza in cui non ho sentito solo l'appoggio della più alta carica di questo paese, ma la sincera partecipazione di un uomo che viene dalla mia terra.

Grazie al presidente del Consiglio e a quei ministri che hanno voluto dimostrarmi la loro solidarietà sottolineando che la mia lotta non dev'essere vista disgiunta dall'operato delle forze che rappresentano lo Stato e anche dall'impegno di tutti coloro che hanno il coraggio di non piegarsi al predominio della criminalità organizzata. Grazie allo sforzo intensificato nel territorio del clan dei Casalesi, con la speranza che si vada avanti sino a quando i due latitanti Michele Zagaria e Antonio Iovine - i boss-manager che investono a Roma come a Parma e Milano - possano essere finalmente arrestati.

Grazie all'opposizione e ai ministri ombra che hanno appoggiato il mio impegno e quanto il governo ha fatto per la mia sicurezza. Scorgendo nella mia lotta una lotta al di là di ogni parte.

Le letture delle mie parole che sono state fatte in questi giorni nelle piazze mi hanno fatto un piacere immenso. Come avrei voluto essere lì, in ogni piazza, ad ascoltare. A vedere ogni viso. A ringraziare ogni persona, a dirgli quanto era importante per me il suo gesto.

Perché ora quelle parole non sono più le mie parole. Hanno smesso di avere un autore, sono divenute la voce di tutti. Un grande, infinito coro che risuona da ogni parte d'Italia. Un libro che ha smesso di essere fatto di carta e di simboli stampati nero su bianco ed è divenuto voce e carne. Grazie a chi ha sentito che il mio dolore era il suo dolore e ha provato a immaginare i morsi della solitudine.

Grazie a tutti coloro che hanno ricordato le persone che vivono nella mia stessa condizione rendendole così un po' meno sole, un po' meno invisibili e dimenticate.
Grazie a tutti coloro che mi hanno difeso dalle accuse di aver offeso e diffamato la mia terra e a tutti coloro che mi hanno offerto una casa non facendomi sentire come uno che si è messo nei guai da solo e ora è giusto che si arrangi.

Grazie a chi mi ha difeso dall'accusa di essere un fenomeno mediatico, mostrando che i media possono essere utilizzati come strumento per mutare la consapevolezza delle persone e non solo per intrattenere telespettatori.

Grazie alle trasmissioni televisive che hanno dato spazio alla mia vicenda, che hanno fatto luce su quel che accade, grazie ai telegiornali che hanno seguito momento per momento mutando spesso la scaletta solita dando attenzione a storie prima ignorate.

Grazie alle radio che hanno aperto i loro microfoni a dibattiti e commenti, grazie specialmente a Fahrenheit (Radio 3) che ha organizzato una maratona di letture di Gomorra in cui si sono alternati personaggi della cultura, dell'informazione, dello spettacolo e della società civile. Voci che si suturano ad altre voci.

Grazie a chi, in questi giorni, dai quotidiani, alle agenzie stampa, alle testate online, ai blog, ha diffuso notizie e dato spazio a riflessioni e approfondimenti.
Da questo Sud spesso dimenticato si può vedere meglio che altrove quanto i media possano avere talora un ruolo davvero determinante. Grazie per aver permesso, nonostante il solito cinismo degli scettici, che si formasse una nuova sensibilità verso tematiche per troppo tempo relegate ai margini. Perché raccontare significa resistere e resistere significa preparare le condizioni per un cambiamento.

Grazie ai social network Facebook e Myspace, da cui ho ricevuto migliaia di messaggi e gesti di vicinanza, che hanno creato una comunity dove la virtualità era il preludio più immediato per le iniziative poi organizzate in piazza da persone in carne e ossa.

Grazie ai professori delle scuole che hanno parlato con i ragazzi, grazie a tutti coloro che hanno fatto leggere e commentare brani del mio libro in classe. Grazie alle scuole che hanno sentito queste storie le loro storie.
Grazie a tutte le città che mi hanno offerto la cittadinanza onoraria, a queste chiedo di avere altrettanta attenzione a chi concedono gli appalti e a non considerare estranei i loro imprenditori e i loro affari dagli intrecci della criminalità organizzata.

E grazie al mio quotidiano e ai premi Nobel e ai colleghi scrittori di tante nazionalità che hanno scritto e firmato un appello in mio appoggio, scorgendo nella vicenda che mi ha riguardato qualcosa che travalica le problematiche di questo paese e facendomi sentire a pieno titolo un cittadino del mondo.

Eppure Cesare Pavese scrive che "un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti".

Io spesso in questi anni ho pensato che la cosa più dura era che nessuno fosse lì ad aspettarmi. Ora so, grazie alle firme di migliaia di cittadini, che non è più così, che qualcosa di mio è diventato qualcosa di nostro. E che paese non è più - dopo questa esperienza - un'entità geografica, ma che il mio paese è quell'insieme di donne e uomini che hanno deciso di resistere, di mutare e di partecipare, ciascuno facendo bene le cose che sa fare. Grazie."


(http://www.repubblica.it/2008/10/sezioni/cronaca/camorra-4/saviano-ringrazia/saviano-ringrazia.html)

giovedì 16 ottobre 2008

Perché il piano europeo funziona e quello americano no



Se volete sapere perché il piano anti-crisi dei mercati finanziari regge in Europa e non regge negli States o in Asia dovete fare uno sforzo.

Dovete mettervi alle spalle tutti gli entusiasmi dopo la ripresa delle borse dell'altro ieri seguite all'annuncio del piano europeo, dovete dimenticare i trionfalismi corporativisti che hanno inneggiato al sano intervento statalista contro l'abominio della deregulation.

Perché dovreste farlo?

Roark vi invita ad interrogarvi sul perché un intervento pubblico senza contorni ben definiti (quello europeo) sia visto con un occhio migliore di un altro ben più massiccio ed esplicito (quello americano da $700mld). Il motivo è molto semplice.

Perché di esso non c'è bisogno.

Quello che i mercati hanno apprezzato dell'intervento europeo è la "garanzia" statale (eventuale) degli affidamenti interbancari (sui soldi che le banche si prestano le une verso le altre), garanzia che ha tranquillizzato gli attori del mercato, sbloccando l'ingessatura del sistema europeo e permettendo comunque di limitare le perdite anche all'annuncio del risultato sugli indici di oggi sull'economia USA che sottolineano una marcata recessione.

Cosa continuano a fare invece gli States? Soldi. Compra tutti i bad assets in giro il Governo USA. Compra tutto. Ma quanto tutto? A questo punto visto che i mercati non hanno fiducia forse non basta. E' quello che ha detto il primo ministro giapponese, leccandosi le ferite dopo che la borsa nipponica la notte scorsa ha perso oltre l'11%.

Allora che facciamo. Altri soldi? Altro debito?

Dietro questa inedia americana a garantire il mercato interbancario si annida la ragione della crisi. Se non se la sentono di garantire loro, allora perché noi operatori non dobbiamo vendere?

La crisi USA ormai morde l'economia reale. Le companies che fanno business nel campo delle carte di credito sono attese alla prossima svolta. Il muro è dietro l'angolo.

Serve un pilota che governi la macchina al più presto.

martedì 7 ottobre 2008

Complimenti per la trasmissione


Quando da un anno a questa parte, da mesi a questa parte e sino a qualche giorno fa, Roark e la masnada dei liberisti brutti e cattivi avvertivano che la crisi dei mercati, non essendo una crisi sui consumi o sul valore degli investimenti, bensì sulla fiducia interbancaria, cioé sulla disponibilità delle banche d'affari e del sistema finanziario americano di prestarsi denaro a vicenda, non doveva essere affrontata mettendo soldi buoni su soldi cattivi, ci si urlava contro dandoci degli integralisti.

Quando ci si batteva per far comprendere che contro questa ingessatura del sistema finanziario, dovuta in massima parte a quella sfiducia, la pioggia di soldi o l'entrata in tackle dello Stato a nulla sarebbe valso se non a gettare ulteriore polvere nell'arena, disorientando ancora di più il toro, i media di tutto il mondo plaudevano alla svolta sovietica del piano Paulson.

Il Walterone nazionale ancora ieri urlava che è colpa della destra mondiale, della deregulation, dimenticando che gran parte delle colpe del crack sui mutui vanno ricercate nella gestione di Fannie Mae e Freddie Mac, due agenzie per i mutui (quasi il 40% della raccolta U.S.A.) esempio pressoché unico nel paese a stelle e strisce di aziende dalla natura parastatale (50% del capitale in mano pubblica), per le quali, come dire, è difficile guardando alla loro gestione poter sostenere cavalcassero l'onda del capitalismo selvaggio, semmai cavalcavano quella della pozzanghera socialista.

Ma tant'è eccoci quà con le borse che crollano come non mai, anche più che dopo l'11/9, mai così dal venerdì nero del 1987 e ciò nonostante il piano Paulson e con la consapevolezza che la marea inumana di soldi buttati andrà quindi a rimpinguare la crescita dell'inflazione per un futuro certo di deflazione: crescita negativa (deindustrializzazione) e diminuzione radicale del potere d'acquisto dei salari per effetto dell'inflazione fuori controllo.

Complimenti per la trasmissione quindi.

Ma a questo punto come se ne esce?

Bè per uscirne forse si è ancora in tempo a seguire le orme del piano degli economisti di Chicago: trasformare l'intervento a pioggia di liquidi di provenienza del Tesoro in fondi bloccati a garanzia di un maxi aumento di capitale da raccogliere tra i cittadini (sì come l'oro alla patria) in cambio di azioni garantite degli istituti travolti dalla crisi dei mercati subprime.

Un nuovo statuto per la FED, più sul modello della BCE che preveda meno discrezionalità d'intervento (Roark sarebbe per abolirla la FED), contratti derivati tipici (previsti nel regolamento della SEC - anche la SEC Roark la abolirebbe) per le contrattazioni nei mercati regolamentati, processi per accertare le responsabilità di chi ha occultato e dissimulato perdite, caccia ai bancarottieri.

Viceversa così continuando (anche con lo stanziamento di soldi statali in non meglio precisati fondi europei), quello che potrà accadere è quanto è già accaduto ma traslato sull'economia reale e in più il passaggio del cerino dalle assicurazioni alle carte di credito, naturale corollario della spirale deflattiva, gli Stati imporvvisamente proprietari di interessi economici loro sì, alla fine, ultimi depositari del cerino.

Interessi economici che per definizione confliggono sopra risorse che ancora per definizione scarseggiano, così generandosi - sempre per definizione - il più classico dei cliché storicisti: la tensione tra Stati, invece che tra Corporation.

Stati messi all'angolo, con magari poco da perdere e una deterrenza militare da non buttare, il tutto per una trasmissione assolutamente da perdere e che si prevede esplosiva.

venerdì 3 ottobre 2008