martedì 17 febbraio 2009

Tempo perso


Non bisogna lasciarsi ingannare dai trionfalismi del nuovo caudillo, per come questo referendum è stato messo in piedi, per l’ansia con cui Hugo Chavez ha fatto in modo che venisse proposto, per l’imponenza della macchina organizzativa messa in piedi, con la TV di Stato prestata ininterrottamente alla sua propaganda e una opposizione sfiancata dalle continue contese elettorali e dal suo autoritarismo ai limiti della dittatura, quel 54% in un consultazione che doveva solamente decidere se il Presidente in carica potesse ancora ripresentarsi, rischia di essere una vittoria di Pirro.
Gli effetti della crisi petrolifera cominciano a sentirsi e l’unica cosa veramente socialista che la cittadinanza venezuelana comincia ad assaggiare è la deindustrializzazione e l’impoverimento. A dispetto delle chiacchiere sulle Misiones è oramai evidente che così non si riesce a mandare avanti uno Stato che deve consolidare le sue istituzioni economiche. Le nazionalizzazioni spaventando gli investimenti privati non hanno certo aiutato.
La disperazione con cui il proto-dittatore si è mosso non va certamente sottovalutata, anche in considerazione del gravissimo attacco alla Sinagoga di Caracas di cui sono stati incolpati ambienti vicini all’estremismo chavista e per il rischio sempre presente di un’accelerazione verso il raggiungimento del suo sogno comunista, ma con buona pace di Fidel Castro che si è congratulato con il Presidentissimo per la travolgente vittoria, la società venezuelana ha ancora probabilmente sufficienti anticorpi per respingere una tale aberrazione.
Nelle ultime elezioni amministrative di Novembre e dopo la vittoria nel referendum del dicembre 2007, l’opposizione ha segnato importanti passi avanti conquistando governatorati in stati chiave del Paese oltre che la municipalità della capitale, il risultato cui abbiamo assistito può anche leggersi nella “simpatia” – che non giustifica e non ha giustificato però da parte della cittadinanza l’adozione di un modello statale dittatoriale – di cui Hugo Chavez continua a godere anche in ambienti di una parte della classe media non tradizionalmente legati al suo movimento. La vera questione è che l’opposizione, dopo essere riuscita a trovare un unità che ancora le sfugge, dovrebbe prepararsi a parlare a questa parte della società in vista delle presidenziali future, riuscendo a spiegare come l’effetto di questa “simpatia” per il Venezuela rischi di tradursi in una imperdonabile perdita di tempo: ricorrono infatti di dieci anni di Chavez al potere e il rischio che il Paese vi si abbandoni per un altro decennio è concreto quanto certo il risultato che si otterrebbe in tale inauspicabile ipotesi: tante parole e poco altro.

lunedì 2 febbraio 2009

Obama in salsa "ma anche"


Ok, la metafora della mano tesa contro il pugno chiuso dell'Islam era davvero bella.
Però da quando Obama è diventato Presidente riproponendo momento dopo momento la sua intenzione di concentrarsi sulla guerra in Afghanistan non c'è giorno che su quel teatro non arrivino segnali. E non sono di distensione.
Ieri nella provincia di Uruzgan, un kamikaze si è fatto esplodere contro una stazione di polizia uccidendo 25 agenti afghani e mietendo feriti su feriti, era vestito in uniforme da poliziotto e ha lanciato la sua auto-bomba umana contro il centro di addestramento di Tirin Kot. Diciamocelo pure, questo pugno non pare aprirsi.
Obama fa l'anima pia su Guantanamo ma sempre ieri si è venuti a sapere, che non rinuncerà ai rapimenti preventivi tanto cari all'amministrazione di G.W. Bush. Come dire...prendo gli applausi dove posso...e mi preparo a parare gli schiaffi...i prigionieri di guerra non li confino a Guantanamo, li semino in giro per il mondo nelle carceri dei paesi alleati e Roark vuole dirvi una cosa: non è da essere certi che Guantanamo fosse peggio del carcere duro magari in Egitto.
Questo primo Obama alle prese con la Guerra al Terrorismo ricorda proprio qualcosa di nostrano, ricorda un po' lo stile "ma anche" dell'amico Veltroni.
Qualche giorno fa il New York Times (non il "Post") titolava che la guerra in Iraq sembra veramente volgere al termine giacché gli americani in loco si stanno ritirando nelle basi e gli uomini della repubblica irachena si stanno assumendo responsabilità crescenti.
Una democrazia in Medio Oriente? E se accadesse su serio? Bè se accadesse sul serio ragazzi pare possibile che sia necessario prepararsi a sentire Obama dire qualcosa sul fatto che la guerra in Iraq era sbagliata...sì, "MA ANCHE" giusta.
Sarà un giorno davvero speciale.