lunedì 14 dicembre 2009
Primo turno in Cile: una ventata liberale in Sud America?
Nella notte di ieri si è consolidata la sensazione che alle porte delle cancellerie sud americane una nuova stagione stia per bussare.
Anche in Cile la sinistra è stato sconfitta seppure solo al primo turno delle elezioni presidenziali, convocate anche per rinnovare 120 seggi della camera dei deputati e 20 seggi dei 38 senatoriali.
Con circa il 45% dei consensi il sessantenne candidato della destra Sebastian Pinera si accredita come il possibile protagonista della fine della ventennale stagione socialista in Cile.
La Presidenza di Michelle Bachelet, che per la carta costituzionale non può essere rieletta, viene contesa tra Pinera, candidato della nuova destra democratica e Frei, un democristiano di sinistra (...cattocomunista si direbbe da noi...).
La sfida resta aperta, infatti mettendo insieme tutti i candidati opposti a Pinera, dalla estrema sinistra di Jorge Arrata al 6% sino al 18% del trentenne socialista Marco Enriquez Ominami, il 29% raccimolato da Eduardo Frei potrebbe essere sufficiente a lasciare che il seggio presidenziale resti in mano al centrosinistra.
Certo il vantaggio del miliardario imprenditore Pinera, auto prestatosi alla politica per consegnare un destino di sviluppo e di buon governo al proprio Paese, appare importante al punto da permettere un qualche ottimismo.
Frei ha condotto una campagna elettorale ribadendo a gran voce che il suo partito e la coalizione che lo sosterrà (senza meno il socialista Enriquez) non credono nella forza del mercato; Frei è già stato Presidente tra il 1994 e il 2000 e l'anticapitalismo certo non rappresenta una grande novità di offerta politica nel Paese e nell'area, i problemi restano infatti tutti lì sul tavolo. Sviluppo, scolarizzazione, giustizia sociale.
L'elezione di Pinera non potrebbe non avere conseguenze importanti per il Cile e non solo, considerando che sarebbe il primo Presidente di destra dopo la fine della dittatura di Augusto Pinochet.
Ma la sorpresa della tornata elettorale è stata rappresentata certamente da Enriquez che nessuno fino a qualche mese dalle elezioni accreditava e che è invece riuscito a raggiungere quasi il venti per cento dei consensi grazie alla sua capacità nel trasformare le elezioni politiche in una chiamata alla rottura anche generazionale, contro un modo di far politica e di amministrare giudicato arretrato.
Giova ricordare come il Cile sia tra i Paesi più stabili e sviluppati dell'America Latina e un cambiamento di rotta non potrebbe non avere conseguenze sugli equilibri e sulle velleità delle derive social-comuniste di regimi come quello di Chavez o quello dell'appena rieletto Morales, soprattutto ora che i castristi hanno perso la sponda di Zelaya in Honduras.
Certo il centrodestra cileno si trova ad una svolta, per riuscire a superare il secondo turno deve dimostrare di saper condurre una campagna elettorale più competitiva giacché non sarà sufficiente avvantaggiarsi del frazionamento del centrosinistra che al secondo turno ci sarà da aspettarsi si presenti in qualche modo compatto.
La storia recente del Cile consegna a partire dal 1990 (anno in cui con un plebiscito fu destituito dal potere il colonnello) governi di coalizione di centrosinistra e perché anche questa volta non si giunga allo stesso risultato Pinera dovrà far risaltare le contraddizioni di una coalizione di centrosinistra per la prima volta si è presentata al primo turno separata e che solo per opportunismo potrebbe scegliere si apparentarsi al secondo turno regalando al Paese un governo a rischio corto circuito su tanti temi.
Il democristiano Frei e il giovane socialista, infatti, se le sono date di santa ragione ed il secondo ha condotto una battaglia elettorale evidentemente incentrata sull'obiettivo di togliere voti al primo.
Frei ostenta sicurezza ma è innegabile che nel continente a partire dal risultato delle elezioni honduregne, spira un soffio di vento nuovo. Perché da un soffio di vento si giunga ad una ventata vera e propria molto dipenderà dall'esito del secondo turno cileno del 17 gennaio.
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